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Articolo di giornale esordi gev

GLI ESORDI

Da un articolo del "Giornale di Vicenza" del Gennaio 2007

scritto da uno dei ”soci fondatori” dell’associazione,

per comprendere lo spirito di quel gruppo, che nel 1962, costituì la G.E.V.

A

lla sera, terminato il lavoro, mi ritrovavo con gli amici in Corso Palladio, all'altezza "del Ciodo", punto di riferimento per i ragazzi dell'epoca.  Il nostro gruppetto  stazionava sotto ai portici, di fronte alla ex “Standa”, per evitare,  la concorrenza animata di altre compagnie, nel far conquiste tra le ragazze.

Di solito all'interno delle compagnie, c'eran sempre dei “tipi un pò particolari", unici nel loro genere.   Anche nella nostra ce n’era uno: Giuliano, detto "El Curto”, per la sua statura non particolarmente esagerata.  Era di una simpatia unica, spiritosa, gioviale.  Era sempre pronto ad accodarsi a quelle ragazze che passavano attraverso la nostra postazione.  Eran per lo più commesse od impiegate  e Giuliano cercava di attirare la  loro attenzione con una mimica irresistibile, alla “Totò”.  Il bello è che riusciva quasi sempre a rompere il ghiaccio con quelle "tose", tanto le faceva ridere.    Al momento opportuno poi, quando vedeva che s'era instaurata una certa confidenza, chiedeva loro se volevano entrare a far parte del gruppo.  Con poche parole, illustrava alle ragazze i nostri “programmi domenicali”, che andavano, dalle scampagnate in bici a qualche gita in pullman in estate, e dai festini da ballo e alle escursioni in montagna durante l'inverno. 

Questa tattica di Giuliano, personalizzata poi di caso in caso, veniva adottata anche dagli altri  componenti della compagnia.  Bisogna ammettere che la tecnica funzionava. Tant'è, che di li a poco, dovemmo invertire la tendenza del gruppo, cioè quella di “rimpolpare” il settore maschile che tendeva a risultare in sofferenza numerica.  

Nel giro di un anno, riuscimmo a gettare le basi di quella che sarebbe diventata, una formidabile Associazione.

Cominciammo così a ricercare un luogo, che non fossero i portici di Corso Palladio, dove,  alla sera dopo cena, poter discutere le proposte e perfezionare i vari programmi.

La soluzione ci fu prospettata da uno dei componenti del gruppo, che abitava in Piazzale Verdi, vicino all’allora Mercato Ortofrutticolo. 

Proprio lì vicino, si trovava il bar della Stazione delle corriere.  Il proprietario del bar era un enorme ragazzone, da tempo entrato a far parte della compagnia che ci mise a disposizione il suo locale, ovviamente dopo la chiusura serale.  Lo chiamavamo “Francone il corazziere”, per i suoi trascorsi militari che lo avevano visto indossare la celebre divisa del corpo. Da quel momento, quel bar, divenne la nostra prima sede, il nostro primo punto di ritrovo fisso, la base di tutte le nostre iniziative.

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Questa tattica di Giuliano, personalizzata poi di caso in caso, veniva adottata anche dagli altri  componenti della compagnia.  Bisogna ammettere che la tecnica funzionava. Tant'è, che di li a poco, dovemmo invertire la tendenza del gruppo, cioè quella di “rimpolpare” il settore maschile che tendeva a risultare in sofferenza numerica.  

Nel giro di un anno, riuscimmo a gettare le basi di quella che sarebbe diventata, una formidabile Associazione.

Cominciammo così a ricercare un luogo, che non fossero i portici di Corso Palladio, dove,  alla sera dopo cena, poter discutere le proposte e perfezionare i vari programmi.

La soluzione ci fu prospettata da uno dei componenti del gruppo, che abitava in Piazzale Verdi, vicino all’allora Mercato Ortofrutticolo. 

Proprio lì vicino, si trovava il bar della Stazione delle corriere.  Il proprietario del bar era un enorme ragazzone, da tempo entrato a far parte della compagnia che ci mise a disposizione il suo locale, ovviamente dopo la chiusura serale.  Lo chiamavamo “Francone il corazziere”, per i suoi trascorsi militari che lo avevano visto indossare la celebre divisa del corpo. Da quel momento, quel bar, divenne la nostra prima sede, il nostro primo punto di ritrovo fisso, la base di tutte le nostre iniziative.

Si avvicinava l’estate e le scampagnate in bici, facevano parte di quelle iniziative che raccoglievano più consensi.  La meta preferita era di solito la zona di S. Agostino. 
La domenica, nel primo pomeriggio, una cinquantina tra ragazzi e ragazze si radunavano davanti al bar dell’amico “corazziere” che ci aspettava con la sua “Topolino” già carica di bibite e panini .  Quando il gruppo sembrava essere al completo, Francone con la sua "Topolino", partiva e si metteva davanti,  facendo da starter e da guida.  Era assolutamente proibito a tutti, superare la sua piccola vettura che avanzava per il viale dell’Ippodromo, viale Venezia, fino a raggiungere la salita di S. Libera.  Qui, la maggior parte dei gitanti, scendeva dalla sella e, bicicletta alla mano, arrancava per superare la ripida salita.  Giunti in cima, si girava a destra e ci si lasciava scivolare giù per la discesa di viale Fusinato.  Questo ci portava ad imboccare,  il lungo viale di S. Agostino.

Tra lo scampanellare insolente delle bici che procedevano lungo la strada in maniera disordinata, e lo strombazzare della simpatica “Topolino” del “corazziere”, si udivano le grida dei “casinisti” che se la prendevano con gli “imbranati” del gruppo.  Ad un occhio attento però, non poteva sfuggire la manovra dei “soliti noti” che, approfittando della baraonda, cercavano di accaparrarsi per tempo la compagnia delle ragazze più carine.

Dopo un’oretta circa, si arrivava a destinazione.

Dove la strada finiva, proprio in prossimità delle “vecchie fonti”, vi era un capannone in disuso, mezzo diroccato.  Da tempo l’avevamo “fatto nostro”, e dal momento che nessuno ci disturbava, c'eravamo messi d’impegno per renderlo abitabile.  Chiamammo quei ruderi, “I forni di Eichemann”, tanto ci ricordavano le tristi baracche dei campi di concentramento nazisti dell’ultima guerra.

In queste “scampagnate”, non mancavamo mai di portare con noi, un vecchio giradischi ed una buona scorta di “quarantacinque giri”.  Le canzoni preferite di quei tempi, eravamo agli inizi degli anni “60”, erano di Mina, di Paul Anka, dei Platters e di tanti altri indimenticabili protagonisti della musica, dei nostri meravigliosi vent’anni….

Le "simpatie", nascevano come funghi, di domenica in domenica.  Le "storie", però, non duravano  più di due o tre mesi.  Eravamo “spiriti liberi” e tali volevamo restare…..

Quel desolato capannone riadattato,  fu ben presto rivitalizzato dalla nostra gioia di vivere.  Eravamo convinti di aver fatto la cosa giusta chiamandolo così, in quanto ci avrebbe ricordato quanto era costata, a gran parte dell’umanità, la conquista della pace e della libertà.

Quella pace e quella libertà, che stavamo felicemente assaporando….

Era l'inizio del 1962, ed il gruppo, raggiunse l’obbiettivo prefissato….

 

I promotori del gruppo, che per mesi e mesi si erano dati da fare per organizzare gite, feste ed escursioni varie, decisero ch' era giunto il momento del grande salto di qualità.    Formare una "Società". 
Furono invitati allora tutti coloro che in quel periodo, si erano aggregati alla compagnia e fu convocata così, la prima assemblea della storia sociale.
L'assemblea si svolse nella grande sala mensa del "Dopolavoro delle Ferrotranvie Vicentine”,  concessa al gruppo dall' azienda. 

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Dopo qualche breve discorso di presentazione, si passò alla elezione diretta dei primi "Consiglieri Sociali", che avrebbero dovuto individuare un "Presidente", abbozzare uno "Statuto" e stilare un programma di massima  dell' attività sociale di almeno un anno.

Tutto questo venne affrontato e risolto nel migliore dei modi.

L’ultimo punto, che restava da assolvere in quella storica serata, era quello di dare un nome alla futura Associazione.

Da tempo, avevamo in mente tre semplici lettere che, messe assieme, avrebbero dovuto rappresentare il significato della nostra amicizia.  
G. E. V. ,    “Giovani    Escursionisti    Vicentini” 
Furono queste lettere che proponemmo all’Assemblea, che all' unanimità, approvò.

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Nei primi periodi, a capo di questa nuova realtà, che andava ad inserirsi nel contesto di altre associazioni vicentine, si alternarono due grandi ed indimenticabili amici: “Francone il corazziere”, proprietario del bar dove ci si riuniva, ed il nostro “Bertin”, pittore e vignettista formidabile, autore dei nostri primi “programmi ufficiali”, che venivano esposti nelle varie  vetrine dei  negozi del centro.

 

Dopo circa un anno di rodaggio, furono indette delle regolari elezioni, dalle quali scaturì il nome del primo "Presidente Ufficiale":  “Alfeo Bellini”.

Cominciò così la vita della G.E.V., da subito amata e stimata in ambito cittadino.

La profonda convinzione di fare e l’inesaurabile dedizione di pochi “soci fondatori” prima, ed il costante aiuto di quanti ne seguirono le orme in seguito, rese il cammino di questa Associazione alquanto agile e spedito.

A dare ancora più lustro alla società, ci pensò poi il prestigioso “Coro Alpino” che, germogliato
all' ombra del gruppo iniziale, in silenzio e con la modestia che deriva dalla pura passione, riuscì a farsi notare, anche fuori dalle mura cittadine, da un pubblico attento ed appassionato.

Il “Coro G.E.V.”, sotto la guida del “maestro Oscar”, riscosse i primi successi, partecipando a vari Concorsi Nazionali.

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Nel settembre del 1962, i “Giovani Escursionisti Vicentini” posero in quel di Tonezza del Cimone un “Capitello Alpino”.

La "Madonnina della G.E.V" , fu collocata dai soci fondatori sulla sommità del “Passo della Vena”, a testimonianza di un sogno che si era finalmente avverato.

Mario Crestale

da " Il Giornale di Vicenza" del 4 gennaio 2007

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